Caso Garlasco e altri: oltre 300 ‘cold case’ esaminati, 60 riaperti con successo

Luisa Perdona

Luglio 26, 2025

Il 26 luglio 2025, il vice questore Pamela Franconieri, direttore della IV sezione ‘Reati contro la persona’ del Servizio Centrale Operativo, ha rilasciato dichiarazioni significative riguardo all’importanza della riapertura di casi irrisolti, noti come cold case. Questi fascicoli, spesso dimenticati e trascurati, vengono riesaminati grazie all’impiego di tecnologie moderne, con l’obiettivo di risolvere crimini gravi e restituire giustizia alle famiglie delle vittime.

Il caso di Garlasco e altri delitti irrisolti

Garlasco è solo uno dei numerosi casi riaperti di recente. L’Unità Delitti Insoluti della Polizia di Stato ha esaminato almeno 300 cold case, con oltre 60 di questi riaperti con esiti promettenti. Tra gli esempi di interesse, spiccano il delitto di Manuela Murgia, una sedicenne di Cagliari uccisa 30 anni fa, inizialmente archiviato come suicidio, e l’omicidio della segretaria Nadia Cella, assassinata a Chiavari nel 1996. Questi casi richiedono un’analisi approfondita e l’applicazione di nuove tecnologie investigative per fare luce su situazioni che, altrimenti, rimarrebbero irrisolte.

La riapertura di questi fascicoli avviene non solo per il recupero di nuove prove, ma anche per l’analisi di vecchi elementi che possono rivelarsi utili. Franconieri ha sottolineato che il lavoro di squadra è fondamentale, coinvolgendo diverse unità della Polizia, dalla Scientifica alle Squadre Mobili locali. Questo approccio collaborativo permette di integrare competenze diverse e di affrontare i casi con una visione rinnovata.

Il ruolo della polizia scientifica

La Polizia Scientifica gioca un ruolo cruciale nelle indagini sui cold case. Grazie all’uso di tecnologie avanzate, è possibile analizzare i reperti conservati con cura nel tempo, come nel caso dell’omicidio dell’avvocato Pierangelo Fioretto e della moglie Mafalda Begnozzi, uccisi nel 1991 a Vicenza. Attraverso l’estrazione di profili genetici dai reperti, gli investigatori sono riusciti a identificare potenziali sospetti, portando a una nuova fase dell’inchiesta dopo 34 anni.

Franconieri ha evidenziato l’importanza della corretta conservazione dei reperti e del loro riesame alla luce delle tecnologie attuali. Le indagini moderne richiedono non solo l’analisi scientifica, ma anche una rivalutazione del contesto in cui si sono verificati i crimini, compresi gli aspetti relazionali delle vittime e delle persone coinvolte. Questo approccio consente di ricostruire la scena del crimine e di esaminare le prove con occhi freschi, sfruttando le innovazioni nel campo delle scienze forensi.

Motivazioni per la riapertura dei casi

La riapertura di un caso irrisolto avviene su decisione del giudice, su richiesta del pubblico ministero, quando ci sono motivazioni per nuove indagini. Franconieri ha spiegato che è fondamentale disporre di nuovi elementi di prova, che possono derivare da reperti ben conservati, dai quali è possibile effettuare ulteriori accertamenti. Le nuove tecnologie scientifiche, come quelle relative all’analisi del DNA e delle impronte, offrono strumenti preziosi per risolvere casi che sembravano senza speranza.

In aggiunta, il lavoro degli investigatori può essere arricchito da nuove informazioni che emergono nel tempo. Ogni caso viene esaminato con attenzione, mantenendo un equilibrio tra l’analisi del passato e l’applicazione delle tecniche moderne. Questa strategia permette di valorizzare percorsi investigativi già battuti e di esplorare nuove possibilità, sempre con la necessaria sensibilità nei confronti dei familiari delle vittime.

L’attività dell’Unità Delitti Insoluti della Polizia di Stato rappresenta un importante passo verso la giustizia, dimostrando che anche i casi più complessi possono trovare una nuova luce grazie alla determinazione degli investigatori e all’applicazione delle tecnologie più avanzate.

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