l Made in Italy agroalimentare rischia perdite pesanti sul mercato americano: colpiti settori chiave
Con l’annuncio di un’intesa sui dazi tra Ursula Von der Leyen e Donald Trump, firmata nei giorni scorsi a Bruxelles, si apre uno scenario critico per l’export agroalimentare italiano. I nuovi dazi fissati al 15% potrebbero impattare duramente sul commercio con gli Stati Uniti, primo mercato extra-europeo per molte eccellenze tricolori. A lanciare l’allarme è Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui “più che un accordo, si tratta di una resa”.
Nel 2024, l’Italia ha esportato verso gli Usa prodotti alimentari per un totale di 7,8 miliardi di euro. Il rischio ora è di vedere azzerati i margini per comparti centrali come il vitivinicolo, l’olio extravergine, la pasta, il riso e l’industria casearia, con ripercussioni anche sull’indotto.
Fini ha sottolineato che, nonostante sia stata scongiurata una tariffa al 30%, i prossimi giorni saranno decisivi, in attesa della lista doganale ufficiale. Ma il clima resta di forte preoccupazione, sia per le ripercussioni occupazionali, sia per il possibile riposizionamento competitivo sul mercato Usa a favore di Paesi terzi.
Settori sotto pressione: vino, olio e formaggi tra i più colpiti
Nel dettaglio, il comparto vinicolo è quello che rischia di pagare il prezzo più alto. Gli Stati Uniti valgono quasi 2 miliardi di euro l’anno per il vino italiano. Nel 2024, il Prosecco Dop ha totalizzato 491 milioni di euro solo negli Usa, seguito dai rossi toscani Dop (290 milioni), dai rossi piemontesi Dop (121 milioni) e dai bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, che esportano quasi metà della produzione verso il mercato americano.
Il timore è che il nuovo assetto favorisca concorrenti internazionali come il Malbec argentino, lo Shiraz australiano e il Merlot cileno, che potrebbero approfittare dei rincari italiani per guadagnare terreno.

Situazione analoga per l’olio extravergine d’oliva. Gli Usa sono il principale mercato extra-Ue per l’Italia, con 100 mila tonnellate esportate e un valore vicino al miliardo di euro nel 2024. Ma il dazio del 15% rischia di spingere i distributori verso oli più economici provenienti da Turchia, Sud America e Tunisia, riducendo la competitività del prodotto italiano.
Questo potrebbe anche causare un eccesso di offerta interna in Europa, con cali dei prezzi e ulteriori difficoltà per i produttori.
Nel settore caseario, i prodotti Dop come la Mozzarella di Bufala e il Pecorino romano — molto utilizzati nell’industria alimentare statunitense — rischiano rincari tali da rendere preferibili alternative locali o asiatiche.
Pressione sulle imprese e rischio aumento prezzi interni
Un altro nodo critico riguarda la tenuta delle imprese agroalimentari italiane, che si trovano ora a fronteggiare costi doganali maggiori in un contesto già reso instabile dalla volatilità del cambio euro-dollaro. Diverse aziende, secondo la Cia, potrebbero assorbire solo in parte l’impatto dei dazi, trasferendo il resto sul consumatore finale. Questo meccanismo rischia di spingere al rialzo i prezzi interni e frenare la domanda, con effetti a catena anche sui consumi nazionali.
Infine, anche pasta, riso e farine, con un export stimato in 2 miliardi di euro annui e quasi mezzo milione di tonnellate vendute, potrebbero essere colpiti in modo trasversale. Le aziende del settore temono un effetto domino: da un lato perdita di competitività, dall’altro tagli occupazionali, qualora non si intervenga con politiche di compensazione o nuove intese commerciali.