Tra finestre, penalizzazioni e requisiti stringenti, le strade per andare in pensione anticipata si stanno riducendo: ecco quali restano davvero praticabili.
Con l’estate 2025 alle porte e una nuova legge di Bilancio all’orizzonte, chi è vicino alla pensione è chiamato a fare i conti con le scelte residue. I margini per un’uscita anticipata si stanno assottigliando e, se da un lato le norme vigenti consentono ancora qualche via alternativa, dall’altro il bilancio del primo semestre dell’anno fotografa un crollo delle richieste di pensionamento prima dei 67 anni.
Nei primi sei mesi, le pensioni anticipate erogate dall’Inps sono state 98.356, in netto calo rispetto alle 118.550 dello stesso periodo del 2024. Il segnale è chiaro: dopo il periodo più permissivo legato a quota 100 e quota 102, l’uscita anticipata è tornata a essere un traguardo difficile, soprattutto a causa delle modifiche progressive introdotte dal Governo, che hanno alzato i paletti e ridotto la platea di aventi diritto.
Quali opzioni restano davvero percorribili per chi non vuole aspettare i 67 anni
La prima via percorribile resta la pensione anticipata ordinaria, che consente l’uscita con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne, indipendentemente dall’età. C’è una finestra mobile da rispettare: 3 mesi dalla maturazione del requisito, che diventano 4 per alcune casse di categoria come gli enti locali, i sanitari, gli ufficiali giudiziari e gli insegnanti delle scuole paritarie. Questo intervallo salirà fino a 9 mesi dal 2028, rendendo la tempistica più dilatata.

C’è poi la pensione contributiva anticipata: richiede 64 anni di età e almeno 20 anni di contributi, ma solo se l’importo maturato è pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. Non è tutto: fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, l’importo mensile erogato non può superare cinque volte il minimo, anche se l’importo teorico spettante sarebbe più elevato.
Un’altra strada è quella riservata ai lavoratori precoci, con almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni di età. In questo caso si può accedere alla pensione con 41 anni di contributi, ma solo se si rientra in alcune categorie considerate meritevoli: disoccupati, invalidi civili, caregiver o chi svolge lavori usuranti o gravosi.
Quota 103, Opzione donna e Ape sociale: opportunità o trappole regolamentari?
Nel 2025, la cosiddetta Quota 103 resta disponibile, ma richiede 62 anni di età e 41 di contributi, con un assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, generalmente meno favorevole. L’attesa per incassare la pensione si allunga: 7 mesi di finestra nel settore privato, 9 mesi nel pubblico. A questo si aggiunge un tetto massimo di 2.413,60 euro lordi al mese, valido fino al compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia.
Anche Opzione donna, molto utilizzata in passato, ha subito un forte ridimensionamento. Il metodo contributivo integrale non spaventa più molte lavoratrici, ma il Governo ha ristretto l’accesso: oggi possono richiederla solo donne disoccupate, caregiver, invalidi civili o dipendenti di aziende in crisi. Servono almeno 61 anni di età, 35 anni di contributi entro il 2024, e si deve rispettare un’attesa: 12 mesi per le dipendenti, 18 mesi per le autonome. Il numero stimato di nuove pensionate per questa via è di appena 2.600.
Resta attivo anche il canale legato ai lavori usuranti, che consente la pensione con un sistema a quote a partire da 61 anni e 7 mesi, ma si tratta di un’opzione che coinvolge pochissimi lavoratori. Infine c’è la Ape sociale, uno strumento di accompagnamento verso la vecchiaia, pensato per chi ha almeno 63 anni e 5 mesi e si trova in particolari condizioni di fragilità lavorativa. L’indennità è temporanea, a carico dello Stato, ma non comporta il riconoscimento del diritto a una pensione piena fino all’età prevista dalla legge.
In questo scenario articolato e in parte penalizzante, molti lavoratori si trovano costretti a rivalutare i propri piani, rinunciando all’idea del pensionamento anticipato. Chi riesce ad avvicinarsi alla pensione anticipata ordinaria, in assenza di penalizzazioni, può valutare la nuova versione del bonus Maroni, una misura che punta a incentivare la permanenza in servizio oltre i requisiti, e che potrebbe tornare utile per chi è vicino alla soglia ma non ancora pronto a uscire.