Il citomegalovirus (Cmv) rappresenta una minaccia significativa per le gravidanze, e un nuovo studio ha rivelato che l’infezione fetale può verificarsi anche in donne che sembrano immuni. Questo importante lavoro di ricerca, denominato Child, è stato condotto su un campione di circa 10.000 gravidanze e ha ricevuto finanziamenti dalla Fondazione regionale per la ricerca biomedica (Frrb). La Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia ha guidato lo studio, collaborando con dieci ospedali della Lombardia.
Dettagli dello studio sul citomegalovirus
Il 1° agosto 2025, è emerso che il Cmv è uno dei principali responsabili di sordità congenita e ritardi nello sviluppo psicomotorio nei neonati. La ricerca ha messo in evidenza come il virus possa colpire il feto anche se la madre ha già avuto un contatto con esso prima della gravidanza. Il citomegalovirus è un virus comune che può rimanere latente nell’organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in condizioni di immunodeficienza, come nei pazienti sottoposti a trapianto o durante la gravidanza. Secondo le stime, l’infezione congenita colpisce circa 1 neonato su 150, con complicazioni permanenti in 1 caso su 6.
Daniele Lilleri, microbiologo del Policlinico San Matteo e primo autore dello studio, ha spiegato che il rischio di trasmissione al feto è elevato nelle donne non immuni che contraggono il virus durante la gravidanza, mentre è significativamente più basso per quelle già immunizzate. Tuttavia, non era chiaro cosa potesse accadere nei rari casi in cui il virus infettasse comunque il feto.
Implicazioni della risposta immunitaria
Lo studio, che sarà pubblicato su ‘Lancet Microbiology‘, ha dimostrato che in alcune donne che avevano già avuto contatti con il Cmv, la risposta immunitaria non era completamente sviluppata. Fausto Baldanti, direttore della Sc Microbiologia e virologia, ha sottolineato che un numero ridotto di linfociti T della memoria, essenziali per una risposta rapida ed efficace, può contribuire a questa vulnerabilità. Gli anticorpi neutralizzanti, sebbene presenti, non sono sufficienti a proteggere il feto in caso di infezione congenita.
La ricerca ha identificato per la prima volta i difetti immunologici che consentono l’infezione del feto anche in donne apparentemente immuni. Questo risultato è considerato fondamentale non solo per migliorare la diagnosi e la prevenzione durante la gravidanza, ma anche per orientare lo sviluppo di vaccini efficaci contro il Cmv. Lo studio ha delineato le caratteristiche della risposta immunitaria che un vaccino dovrebbe attivare per prevenire l’infezione fetale.
La scoperta di questi meccanismi offre nuove prospettive per la salute materno-infantile e potrebbe avere un impatto significativo sulla strategia di prevenzione e trattamento delle infezioni da Cmv in gravidanza.