Tra montagne che si svuotano e piazze sempre più silenziose, un’amministrazione locale ha scelto di agire: offrire un contributo economico reale ai giovani che decidono di restare o tornare a vivere in uno dei territori più belli ma più dimenticati del Nord Italia.
Un gesto concreto per invertire una tendenza drammatica
In molte aree montane del Veneto, soprattutto nel Bellunese, lo spopolamento non è più solo un dato statistico, ma una realtà visibile ogni giorno. Scuole che chiudono per mancanza di alunni, negozi abbassano la serranda perché non ci sono clienti, case che rimangono vuote per anni. Chi nasce in questi territori spesso si trova davanti a un bivio molto presto: partire o rassegnarsi. E la maggior parte sceglie di andare via.
Contro questa deriva lenta e silenziosa, un piccolo comune bellunese ha deciso di fare qualcosa di radicale: pagare i giovani affinché rimangano. Il progetto, nato da un confronto tra amministratori locali e associazioni del territorio, prevede un pacchetto di incentivi economici, agevolazioni abitative, e sostegno per progetti culturali e imprenditoriali. Non si tratta di un semplice rimborso, ma di una strategia strutturata per dare un motivo concreto a ragazzi e ragazze tra i 18 e i 35 anni per costruire il proprio futuro in montagna.
Cosa prevede il piano: dai bonus casa ai progetti culturali
Il cuore dell’iniziativa è rappresentato da un bonus annuale fisso, una sorta di “reddito territoriale”, destinato a giovani residenti che decidono di restare nel paese o vi fanno ritorno dopo un’esperienza altrove. L’importo, erogato a cadenza trimestrale, è pensato per coprire una parte delle spese di base come utenze, trasporti o affitti.
Ma non è tutto. Per chi vuole avviare un’attività, sono previsti microfinanziamenti a fondo perduto per progetti legati al turismo, all’artigianato, alla tecnologia o alla cultura. Un giovane che desidera aprire un laboratorio, un B&B, un hub digitale o un centro per attività giovanili può ricevere supporto economico e consulenziale.
Sul fronte dell’abitare, il Comune ha anche avviato una mappatura delle case sfitte e dei rustici da recuperare, proponendo affitti simbolici o vendite agevolate per chi accetta di ristrutturare e restare almeno cinque anni. In alcuni casi, il comune stesso si fa carico di parte dei lavori, abbattendo i costi per chi aderisce.
Accanto agli incentivi individuali, il piano prevede anche azioni collettive: laboratori teatrali, eventi culturali, corsi di formazione, festival e sportelli giovanili. L’idea è quella di ricostruire un tessuto sociale vivo, in grado di far sentire chi resta parte di una comunità vera, non di un territorio isolato e dimenticato.
Un’opportunità per restare senza rinunciare a sognare
L’obiettivo non è solo quello di frenare l’emorragia demografica, ma anche di ridare dignità e prospettiva alla scelta di restare. Per anni, rimanere in paese è stato percepito come una sconfitta, un ripiego. Oggi, grazie a questa iniziativa, può diventare una decisione consapevole, sostenibile e persino vantaggiosa.
Il progetto è pensato soprattutto per chi ha già un legame con il territorio: figli di famiglie locali, studenti che dopo la laurea non vogliono staccarsi del tutto, professionisti che cercano un luogo tranquillo per lavorare da remoto, giovani coppie che vogliono crescere i propri figli lontano dal caos urbano.
A differenza di tanti altri bonus temporanei o sperimentali, questo piano punta alla continuità. L’amministrazione ha già previsto una voce dedicata nel bilancio comunale e sta cercando sinergie con altri comuni vicini per allargare la portata del progetto, creando una vera rete di paesi accoglienti e pronti a scommettere sul futuro.
Il futuro inizia da chi sceglie di restare
In un momento storico in cui tutto sembra spingere verso la fuga, il gesto di un piccolo comune del Bellunese suona come una provocazione ma anche come una promessa. Pagare i giovani per restare non è solo una questione di soldi: è una scelta politica, culturale e identitaria. Significa credere che la montagna può ancora essere abitata, amata, vissuta. Che il silenzio dei paesi può tornare a riempirsi di voci, di progetti, di nuove vite.
E forse, proprio da qui, da un piccolo comune che ha deciso di fare qualcosa di concreto, può nascere un nuovo modo di abitare i territori: non più come luoghi da cui fuggire, ma come orizzonti da ricostruire.