Un’analisi su oltre 150.000 persone rivela che camminare 7.000 passi al giorno è sufficiente per ridurre il rischio di morte, diabete e demenza.
Pochi lo sanno, ma il numero dei 10.000 passi non nasce da uno studio medico. Viene dal Giappone degli anni Sessanta, dove un’azienda promuoveva un pedometro con lo slogan “manpo-kei”, che significa appunto “contapassi da 10.000”. L’intento era commerciale, non scientifico. Ma quel numero si è radicato nella cultura del benessere globale, trasformandosi in un obiettivo quotidiano condiviso da milioni di persone, spesso senza porsi domande sulla sua validità.
Ora, una nuova revisione pubblicata su The Lancet mette in discussione quella soglia. A guidarla è la professoressa Melody Ding, epidemiologa dell’Università di Sydney. Con il suo team ha analizzato 57 studi condotti tra il 2014 e il 2025, coinvolgendo fino a 161.000 partecipanti in dieci Paesi diversi. I risultati parlano chiaro: già con 7.000 passi al giorno si ottengono benefici significativi per la salute. Si riduce del 47% il rischio di morte prematura, del 38% quello di sviluppare demenza, e del 22% quello di contrarre il diabete di tipo 2.
Secondo i ricercatori, camminare 2.000 passi al giorno ha già un impatto positivo, ma è a quota 7.000 che i miglioramenti diventano davvero consistenti. Superare i 10.000, invece, non porta vantaggi proporzionali. Questo sposta il centro della narrazione: non serve fare maratone quotidiane. Serve, piuttosto, costanza e un obiettivo realistico. Una misura accessibile anche per chi ha una vita sedentaria o non fa sport.
Settemila passi bastano: cambiano le linee guida
Il nuovo riferimento proposto dalla ricerca – i 7.000 passi al giorno – potrebbe presto sostituire le attuali soglie usate da enti e dispositivi di monitoraggio. Per Theodore Strange, direttore del Staten Island – Northwell University Hospital di New York, «questa cifra rappresenta un punto d’equilibrio efficace». Camminare a questo ritmo equivale a circa un’ora di movimento quotidiano, e per molte persone può diventare parte della routine senza bisogno di sforzi extra o iscrizioni in palestra.
Strange sottolinea un punto cruciale: abbassare l’obiettivo non vuol dire incentivare la pigrizia, ma piuttosto permettere a più persone di iniziare. «Chi non si muoveva prima, potrebbe trovare questo numero più raggiungibile. Fare movimento ogni giorno dovrebbe diventare come mangiare o dormire: una necessità, non un optional».

Tra le strategie suggerite ci sono camminare invece di usare l’auto, fare le scale al posto dell’ascensore, o semplicemente portare fuori il cane più a lungo del solito. Soluzioni piccole, ma con impatto concreto. Soprattutto perché la sedentarietà continua a essere un’emergenza sanitaria globale.
Secondo l’OMS, oggi circa 1,8 miliardi di persone nel mondo non svolgono attività fisica a sufficienza. Un dato che si riflette in una maggiore incidenza di malattie croniche. La sedentarietà, infatti, è legata all’8% dei casi totali di patologie come diabete, malattie cardiovascolari e demenze. Le attuali linee guida parlano di 150–300 minuti a settimana di attività moderata, ma spesso queste cifre appaiono troppo teoriche per essere davvero adottate.
Un nuovo approccio al movimento quotidiano
Il gruppo di ricerca australiano sta lavorando con le istituzioni per produrre nuove linee guida ufficiali, basate su dati aggiornati e più semplici da applicare nella vita reale. «Ci stiamo muovendo verso modelli più personalizzati, che tengano conto di fattori come età, salute, etnia e stile di vita», anticipa la professoressa Ding. Un approccio più inclusivo, quindi, che non pretende performance da atleta, ma invita a costruire una routine sostenibile.
Il legame tra esercizio fisico e benessere mentale è un altro punto centrale. L’attività fisica regolare stimola la produzione di endorfine, serotonina e cortisolo, con effetti positivi su ansia, umore e qualità del sonno. «È ormai assodato che corpo e mente lavorano insieme» conclude Strange. «Anche una semplice camminata quotidiana può diventare una forma di terapia preventiva».
Settemila passi. Un numero più piccolo, ma più umano. Forse è proprio questo il motivo per cui, dopo sessant’anni di slogan, potrebbe finalmente diventare un vero standard di salute.