Genitori troppo presenti? Ecco 6 errori che rovinano l’autostima dei figli senza volerlo

Figli

Non sempre la presenza genitoriale aiuta. Genitori troppo apprensivi influenzerebbero in negativo la psiche dei ragazzi-pdspsicologidellosport.it

Lorenzo Fogli

Agosto 15, 2025

Troppe attenzioni, zero libertà: il rischio nascosto dietro i gesti d’amore dei genitori.

“Ti aiuto io” può sembrare una frase d’amore, e spesso lo è. Ma quando diventa la risposta automatica a ogni difficoltà, qualcosa si rompe nel delicato equilibrio tra genitore e figlio. In molte famiglie, con le migliori intenzioni, si finisce per sostituirsi ai figli, togliendo loro l’opportunità di provare, sbagliare, crescere. Il risultato? Ragazzi insicuri, spaventati dall’errore, convinti di non essere abbastanza.

Il bisogno di supporto non va confuso con il controllo. Secondo numerosi psicologi dell’età evolutiva, l’eccessiva protezione può limitare lo sviluppo dell’autonomia. E questo, nel tempo, può generare ansia, blocchi emotivi, dipendenza dalle figure adulte. Accompagnare non vuol dire sostituirsi. Vuol dire esserci, senza togliere loro il diritto di farcela da soli.

Fare al posto loro non li rende forti, li rende dipendenti

Succede nei gesti più semplici: preparare lo zaino, rispondere al posto loro, intromettersi nei piccoli conflitti. Piccole azioni quotidiane che comunicano un messaggio implicito e potente: “Non sei in grado”. Chi riceve questo messaggio più volte, inizia a crederci. Ecco che la paura di sbagliare cresce, l’autostima vacilla, la motivazione personale si spegne.

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Non è facile lasciarli sbagliare. Ma è proprio da quelle cadute che imparano. È lì che scoprono la resilienza, la capacità di analizzare un problema, di chiedere aiuto in modo sano. Ogni volta che li solleviamo prima che cadano, stiamo impedendo loro di sviluppare muscoli emotivi.

Anche quando i genitori scelgono per loro — dai piccoli compiti fino ai grandi sogni — il messaggio è simile: “So io cosa è meglio per te”. Il problema è che non sempre i figli condividono quei sogni. Alcuni crescono cercando di compiacere, altri finiscono per ribellarsi. In entrambi i casi, si sentono soffocati. Aiutarli a scoprire chi sono davvero è il regalo più grande. Non dirgli cosa fare, ma esserci mentre capiscono da soli.

Regole instabili, confronti costanti e pressioni sui voti: altri errori invisibili

Una delle trappole più diffuse è focalizzarsi solo sul risultato scolastico. “Che voto hai preso?” è la domanda più ricorrente, ma raramente apre al dialogo. Se ogni conversazione ruota intorno ai numeri, il messaggio che passa è: “Vali solo se vai bene”. Lo studio diventa prestazione. E quando le cose vanno male, si sentono dei falliti. Meglio chiedere: “Cos’hai imparato oggi?”, “Cosa ti ha sorpreso?”. L’interesse sincero ha più valore del giudizio.

Un altro errore frequente è modificare le regole in base all’umore. Un giorno sì, uno no. O peggio: due genitori, due linee diverse. Il risultato è confusione, nervosismo, mancanza di punti di riferimento. Le regole servono, ma devono essere coerenti, condivise e spiegate con chiarezza. Non devono irrigidire, ma nemmeno fluttuare.

E poi ci sono i confronti. Frasi come “Guarda tuo fratello”, “Tua cugina ha preso dieci” sembrano stimoli. In realtà, feriscono profondamente. Chi viene confrontato ogni giorno finisce per non sentirsi mai abbastanza. I paragoni tolgono valore all’unicità di ciascuno. Invece, i figli hanno bisogno di essere visti per quello che sono, non per quello che gli altri fanno meglio.

Essere genitori oggi è complicato. Ma forse il segreto non è fare di più, è fare un passo indietro quando serve. Lasciare spazio, fidarsi, resistere all’impulso di proteggere a ogni costo. Perché a volte, l’amore si misura nella fiducia, non nel controllo.

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