Un’indagine su 20.000 adulti in Inghilterra e Galles rivela l’impatto devastante degli insulti infantili.
Subire abusi verbali durante l’infanzia può compromettere la salute mentale in modo ancora più grave rispetto alla violenza fisica. È quanto emerge da uno studio condotto su oltre 20.000 adulti tra Inghilterra e Galles, pubblicato su BMJ Open, che ha analizzato più di un decennio di dati per capire gli effetti a lungo termine delle esperienze traumatiche infantili. I risultati sollevano un campanello d’allarme per le politiche di protezione minorile: ignorare la violenza psicologica significa sottovalutare una minaccia crescente.
Abusi verbali: rischio del 64% in più di problemi mentali
Tra il 2012 e il 2024, i ricercatori hanno utilizzato strumenti scientificamente riconosciuti, come l’ACE (Adverse Childhood Experiences) e la Warwick-Edinburgh Mental Wellbeing Scale, per misurare il benessere psicologico dei partecipanti. Le conclusioni parlano chiaro: chi ha subito abusi fisici da bambino ha un rischio del 52% più alto di soffrire di disturbi mentali da adulto. Ma chi ha subito abusi verbali presenta un’incidenza ancora maggiore, pari al 64%. Quando le due forme di violenza si combinano, la probabilità di problemi mentali sale al 115%, più del doppio rispetto a chi non ha subito alcun tipo di maltrattamento.

Il dato che colpisce maggiormente è legato alla percezione di isolamento sociale. Le persone esposte a entrambe le forme di violenza dichiarano nel 18,2% dei casi di non sentirsi mai o quasi mai vicine agli altri, contro il 7,7% di chi non ha vissuto esperienze traumatiche infantili. L’abuso verbale, in particolare, incide in modo significativo sulla capacità di stringere relazioni umane, con un incremento del 90% delle difficoltà relazionali. Il trauma emotivo lasciato da insulti ripetuti, umiliazioni e disprezzo sembra radicarsi in profondità, minando la fiducia verso gli altri anche a distanza di anni.
L’inversione delle tendenze: meno violenza fisica, più insulti
Lo studio mette in evidenza un paradosso generazionale preoccupante. Se da un lato l’abuso fisico si è progressivamente ridotto – passando dal 20% tra i nati tra il 1950 e il 1979 al 10% nei nati dal 2000 in poi – gli abusi verbali sono in netto aumento. Nei soggetti nati prima del 1950 l’incidenza era del 12%, mentre tra le generazioni più giovani ha raggiunto il 20%. Un dato che evidenzia come l’attenzione crescente verso il divieto di punizioni corporali non sia stata accompagnata da un’altrettanta consapevolezza nei confronti della violenza emotiva.
Secondo i ricercatori, molte famiglie e istituzioni hanno ridotto l’uso della forza fisica ma hanno sostituito le mani con le parole, spesso senza comprenderne la gravità. Un errore che, alla lunga, rischia di spostare il danno senza eliminarlo. I dati raccolti mostrano che queste forme di abuso sono più frequenti nei contesti di povertà, dove lo stress economico, la mancanza di supporto e l’isolamento sociale rendono più probabile il ricorso a metodi educativi violenti.
Il team scientifico avverte che le politiche pubbliche non possono più permettersi di ignorare questi segnali. Concentrarsi solo sulla prevenzione della violenza fisica rischia di lasciare ampi margini all’abuso psicologico, con conseguenze invisibili ma profonde. Servono interventi mirati non solo per educare, ma anche per sostenere concretamente le famiglie, in particolare nei territori più fragili.