Pasta fredda o riscaldata? Lo studio che cambia tutto su glicemia e dieta

Pasta fredda o calda?

Quando e come dovremmo consumarla per non intaccare la glicemia?-pdspsicologidellosport.it

Lorenzo Fogli

Agosto 24, 2025

Una semplice variazione nel modo in cui mangiamo pasta, riso o patate può influenzare la risposta glicemica e ridurre il rischio di picchi di zucchero nel sangue.

Pasta al dente, appena scolata o ripassata in padella? La scelta non incide solo sul gusto, ma anche sul modo in cui il nostro corpo reagisce agli zuccheri contenuti nel piatto. Una ricerca scientifica, ripresa da un quotidiano britannico e commentata dalla nutrizionista Romina Cervigni, evidenzia un aspetto poco noto della cucina italiana: la temperatura a cui si consuma un alimento amidaceo può modificarne l’effetto sulla glicemia.

Nel dettaglio, mangiare pasta raffreddata – magari in insalata o semplicemente conservata in frigo – abbassa in modo significativo l’assorbimento del glucosio nel sangue. E se la si riscalda brevemente, senza ricuocerla, il picco glicemico può addirittura dimezzarsi rispetto alla pasta appena scolata.

L’effetto della temperatura sull’amido e sulla digestione

Tutto ruota attorno alla struttura dell’amido, uno zucchero complesso presente non solo nella pasta, ma anche nel riso, nelle patate e nel pane. Durante la cottura, l’amido si gelatinizza, assorbendo acqua e perdendo la sua forma originaria. Una volta raffreddato, l’amido subisce un processo di retrogradazione, che lo rende più compatto e meno digeribile.

Come spiega la dottoressa Romina Cervigni, direttrice scientifica della Fondazione Valter Longo, questi granuli compatti resistono all’azione dell’amilasi, l’enzima che inizia la digestione degli amidi nella bocca. Il risultato è che il glucosio viene rilasciato più lentamente e in quantità minore, evitando i classici picchi di glicemia che favoriscono fame improvvisa, cali di energia e accumulo di grasso.

Pasta
Ecco cosa gli esperti dicono a riguardo-pdsspicologidellosport.it

Il fenomeno riguarda anche altri alimenti ricchi di amido: il pane raffermo, ad esempio, ha un indice glicemico inferiore rispetto a quello fresco; lo stesso vale per il riso freddo o le patate lesse conservate in frigo. In ciascun caso, l’amido retrogradato agisce da “resistenza” alla digestione, rendendo la risposta glicemica più stabile.

Cucinare in modo intelligente: consigli pratici per migliorare la risposta glicemica

Il trucco per ottenere questo effetto benefico non sta nel rinunciare alla pasta, ma nel modificare alcune abitudini:

  • Cuocerla al dente, evitando tempi prolungati

  • Raffreddarla in frigorifero in contenitori ermetici, senza condimenti

  • Riscaldarla solo in modo delicato, con un passaggio veloce in padella o al microonde

  • Non ricuocerla, perché si tornerebbe alla gelatinizzazione iniziale dell’amido

La dottoressa Cervigni suggerisce anche una possibile applicazione pratica: una pasta fredda preparata in anticipo, da completare al momento con verdure croccanti, olio extravergine d’oliva e una fonte proteica leggera come uova o pesce. È un piatto bilanciato, perfetto anche per la sera, che mantiene stabili i livelli di glicemia per tutta la notte, evitando anche il rischio di fame notturna.

Il principio può rivelarsi particolarmente utile per le persone con diabete di tipo 1 o 2, ma anche per chi desidera controllare meglio il peso e la propria risposta metabolica. Ridurre i picchi glicemici aiuta infatti a migliorare la sensibilità all’insulina e a prevenire l’ipoglicemia reattiva, una condizione spesso sottovalutata che spinge a mangiare fuori pasto.

Vale lo stesso discorso per le banane: meno sono mature, più contengono amido resistente. Una banana acerba avrà un impatto glicemico minore rispetto a una matura, che invece fornisce zuccheri semplici prontamente assimilabili. Anche in questo caso, saper scegliere il grado di maturazione consente di modulare l’impatto metabolico.

Consumare in modo consapevole gli alimenti amidacei, dunque, non significa fare rinunce. Significa sfruttare la scienza per adattare la tradizione a uno stile di vita più equilibrato, in cui la pasta – e non solo – può restare protagonista, ma con una marcia in più per la salute.

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