Colpisce 1 italiano su 300 e spesso resta invisibile fino alla comparsa del cancro.
Ogni anno, migliaia di diagnosi oncologiche in Italia hanno un’origine scritta direttamente nel patrimonio genetico di chi ne è colpito. In molti casi, dietro a tumori come quello al colon-retto o all’endometrio, si nasconde la sindrome di Lynch, anche conosciuta come HNPCC (Hereditary Non Polyposis Colorectal Cancer). Si tratta della forma più comune di cancro colorettale ereditario e colpisce circa 215.000 persone nel nostro Paese, pari a 1 su 300. Eppure, resta spesso ignorata o sottovalutata, sia per la sua assenza di sintomi nelle fasi iniziali, sia per la scarsa diffusione delle informazioni in ambito clinico e familiare.
Il rischio principale è quello di sviluppare tumori in età precoce, talvolta già a partire dai 20 anni, e più di una neoplasia nel corso della vita. Colpisce soprattutto l’apparato intestinale e l’utero, ma può interessare anche stomaco, pancreas, ovaie, cervello e pelle. Comprendere la natura della sindrome e identificare i soggetti a rischio è oggi uno degli strumenti più efficaci per prevenire l’insorgenza dei tumori o individuarli in fase iniziale.
Cos’è la sindrome di Lynch e quali tumori può causare
La sindrome di Lynch è causata da mutazioni ereditarie nei geni MMR (Mismatch Repair), responsabili del controllo qualità durante la duplicazione del DNA. Questi geni funzionano come “correttori di bozze genetici”: quando uno di essi è difettoso, gli errori si accumulano nel tempo, portando alla formazione di cellule tumorali. I tumori più comuni nei portatori di questa sindrome sono il cancro del colon-retto (con un rischio tra il 50% e l’80%) e il carcinoma dell’endometrio (rischio tra il 40% e il 60%).

Altri tumori associati alla sindrome includono quelli a stomaco, intestino tenue, ovaie, pancreas, reni, dotti biliari, fegato, cervello, mammella e cute. La malattia si trasmette con modalità autosomica dominante, il che significa che un genitore portatore ha il 50% di possibilità di trasmettere la mutazione ai figli.
La sindrome è silenziosa fino alla comparsa del tumore. Per questo motivo, non esistono segnali clinici specifici che ne rivelino la presenza prima dello sviluppo di una neoplasia. Nel caso del colon-retto, si possono manifestare sintomi generici come diarrea, stitichezza persistente, dolori addominali o sanguinamento rettale. Per le donne, un sanguinamento uterino anomalo può essere un campanello d’allarme da non ignorare.
La prevenzione genetica: test, controlli e diagnosi precoce
Ad oggi non esiste una cura per la sindrome di Lynch, ma la diagnosi precoce e la sorveglianza attiva possono fare la differenza. I soggetti che appartengono a famiglie con una storia clinica sospetta o con casi multipli di tumori correlati dovrebbero valutare la possibilità di eseguire un test genetico, che permette di identificare la presenza della mutazione.
Per chi sa di essere portatore della mutazione, il protocollo di prevenzione è chiaro: colonscopia ogni 1-2 anni a partire dai 20 anni, anche in assenza di sintomi. Sono raccomandati anche esami periodici allo stomaco, pancreas e vie urinarie, data la maggiore incidenza di tumori in queste sedi.
Per le donne, il rischio di tumori ginecologici impone un’ecografia transvaginale e una biopsia endometriale annualegià dai 30 anni. Questi esami permettono di monitorare l’endometrio e di intervenire con tempestività in caso di anomalie.
La vigilanza costante diventa dunque lo strumento più efficace per contrastare una sindrome che, se ignorata, può colpire in modo imprevedibile e devastante. Il ruolo dei medici di famiglia, dei genetisti e degli oncologi è centrale nel riconoscere i segnali indiretti della sindrome di Lynch e nel guidare i pazienti verso un percorso di diagnosi e prevenzione personalizzata.