Il disagio giovanile cresce in silenzio: come riconoscere i segnali prima che sia tardi

Ansia e stress

I giovani soffrono sempre di più di ansia e stress: scopri i segnali da non sottovalutare-pdspsicologidellosport.it

Lorenzo Fogli

Agosto 27, 2025

Secondo gli psicologi toscani, tra i giovani adulti e gli adolescenti cresce il disagio psichico. Difficile riconoscerlo in tempo, ma ci sono campanelli d’allarme e abitudini che possono fare la differenza.

Il disagio psicologico tra gli adolescenti e i giovani adulti è in aumento, e lo segnalano con chiarezza gli ultimi dati raccolti dall’Ordine degli Psicologi della Toscana. A preoccupare sono le difficoltà legate alla costruzione dell’identità in una fase di transizione delicata, segnata da cambiamenti fisici, ormonali e mentali. Molti ragazzi si trovano a vivere un conflitto tra il bisogno di autonomia e la fragilità della loro età, mentre intorno spesso mancano ascolto, tempo e strumenti per sostenere davvero chi sta male.

L’adolescenza, già di per sé incerta, diventa ancora più instabile se si somma a un contesto di stress familiare, scarsa autostima e mancanza di dialogo. Il risultato può manifestarsi sotto forma di ansia, depressione, disturbi alimentari o dipendenze. E spesso questi segnali non vengono colti in tempo.

Come si manifesta il disagio e quali segnali devono far riflettere

Non esiste un solo meccanismo che porta al disagio psichico: ogni storia è diversa, ogni vissuto ha le sue ferite. Ma tra i fattori comuni emergono la bassa fiducia in sé stessi, la difficoltà a riconoscere le proprie risorse e la reazione eccessiva alle frustrazioni, che in questa fase della vita possono sembrare insormontabili. Quando queste emozioni si ripetono nel tempo senza trovare uno sfogo o un significato, possono trasformarsi in un vero blocco.

Cosa fare?
L’ansia da prestazione, spesso, è la causa di disagi psichici giovanili-pdspsicologidellosport.it

Tra i campanelli d’allarme da non sottovalutare ci sono cambiamenti nelle abitudini quotidiane: difficoltà nel sonno, alterazioni dell’appetito, chiusura relazionale, rifiuto della scuola o del gruppo di pari. Se questi comportamenti si protraggono e iniziano a compromettere le routine, è il momento di chiedere un aiuto professionale. Il compito dello psicologo, in questi casi, non è solo offrire supporto, ma anche aiutare il ragazzo a scoprire risorse interiori ancora inesplorate.

Molti genitori, quando si trovano di fronte a manifestazioni anche estreme del disagio, si chiedono come sia possibile non essersene accorti prima. La risposta, spiegano gli esperti, sta nel ritmo frenetico della vita contemporanea. Siamo immersi nella società della prestazione, divisi tra impegni online e offline, e perdiamo spesso l’attenzione per osservare e ascoltare veramente chi abbiamo accanto. Eppure, una frase detta in modo diverso, un silenzio prolungato, un piccolo ritiro dalla vita sociale possono essere già segnali chiari di un malessere profondo.

Non basta osservare, però. È fondamentale non giudicare. Spesso, gli adolescenti non si sentono ascoltati né visti, e il loro malessere diventa l’unico modo per attirare attenzione. La sintomatologia non è sempre un problema da spegnere, ma può essere un linguaggio con cui i ragazzi chiedono aiuto, senza sapere come farlo a parole.

Le buone pratiche per prevenire e il ruolo della terapia oggi

Come per la salute fisica, anche per quella psicologica esistono abitudini protettive. La prima, e forse la più importante, è non rendere invisibili gli altri. I giovani vanno considerati per ciò che sono: persone in divenire, con bisogno di spazi, errori, parole, ma anche silenzi. Non sempre vogliono una risposta pronta: a volte serve solo che ci si sieda accanto a loro, senza fretta né giudizio.

Bisogna evitare di proiettare i propri schemi: ogni generazione vive disagi nuovi, con strumenti diversi. Dire a un figlio “ai miei tempi non era così” non aiuta. Al contrario, può alimentare il senso di isolamento. Il messaggio da dare è che si può sbagliare, che si può chiedere aiuto, che non si è soli.

Un dato positivo, oggi, è che l’accesso alla terapia non è più un tabù. La pandemia ha cambiato radicalmente la percezione della salute mentale. Gli stessi psicologi rilevano come proprio gli adolescenti siano ora tra i primi a chiedere sostegno, segno che qualcosa sta cambiando nella cultura del benessere.

Resta però una difficoltà strutturale: la sanità pubblica non ha ancora abbastanza psicologi nei servizi di base, nonostante l’aumento delle richieste. La Regione Toscana, in questo senso, ha avviato una sperimentazione per rafforzare l’offerta pubblica, ma per arrivare a una copertura efficace occorre trasformare queste prime misure in una struttura stabile e accessibile.

Il disagio giovanile non è un’eccezione, né un capriccio. È un fenomeno sociale reale, che richiede strumenti, attenzione e ascolto autentico. E la risposta più importante, forse, è proprio questa: esserci.

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